Come è ormai risaputo, la produzione della carne oltre che discutibile dal punto di vista etico è molto “pesante” dal punto di vista ambientale. Quasi il 15% di tutti i gas serra a livello mondiale vengono prodotti dagli allevamenti (più di quanto fanno macchine, treni, navi e aerei insieme). E' evidente quindi che continuando di questo passo è quasi impossibile arginare il fenomeno del global warming.
Diversi paesi nel mondo stanno quindi pensando di tassare la carne con il duplice vantaggio di affrontare concretamente i cambiamenti climatici e di migliorare la salute delle persone a livello globale. Questo provvedimento tra l'altro, secondo una ricerca condotta da Chatam House (the Royal Institute of International Affairs di Londra) in collaborazione con l’Università di Glaskow, non sarebbe neppure troppo sgradito alle persone.
I soggetti coinvolti nello studio, infatti, ne hanno riconosciuto l’utilità per limitare le emissioni anche se hanno mostrato preoccupazione per le possibili alternative e per l’impatto che il provvedimento potrebbe avere sulle persone più povere.
Ma l’analisi dell’istituto inglese va anche oltre al singolo concetto di tassare la carne e propone un discorso più ampio. Bisognerebbe infatti aumentare il cibo vegetariano nelle scuole, negli ospedali e in tutti i luoghi pubblici, posizionare frutta e verdura piuttosto che la carne in bella vista e nelle zone iniziali dei supermercati, tagliare i sussidi agli allevatori e, non da ultimo, elaborare delle campagne informative per i cittadini.
La ricerca ha coinvolto 12 paesi ed è stata realizzata utilizzando sondaggi e focus group, quest’ultimi effettuati solo negli Stati Uniti, in Brasile, Cina e Regno Unito. Secondo gli esperti è importante creare consapevolezza nella persone, la maggior parte infatti non sa che la produzione di carne (in particolare quella bovina) produce gas a effetto serra in diversi modi: attraverso il metano emesso dal bestiame, a causa della deforestazione che serve a creare luoghi adatti al pascolo, con la produzione di fertilizzanti per le coltivazioni di mangimi e infine con l'energia utilizzata dagli agricoltori. Inoltre tante persone non sapevano, e sono rimaste sorprese, che in molti paesi ci siano sudditi per la produzione di carne.
Secondo gli autori della ricerca è necessaria: “una nuova comprensione dei consumatori che la produzione industriale di carne non è pericolosa solo per la propria salute, ma anche per l'ecologia umana nel suo complesso”. Ma arrivare a questo non è possibile se non vengono fatte politiche e interventi ad hoc per sensibilizzare sul problema.
C’è da specificare gli autori di questa ricerca non sono vegetariani e hanno dichiarato espressamente che non stanno in nessun modo sostenendo una dieta vegetariana a livello globale. Una visione obiettiva dunque dei problemi legati al consumo di carne che ha portato alcuni degli autori, dopo aver lavorato ha questo progetto, a ridurre drasticamente il consumo di carne. “Ora la mangio una volta al mese” ha dichiarato Rob Bailey di Chatham House.
Il 30 novembre a Parigi inizia il vertice dell'ONU che dovrà affrontare il problema dei cambiamenti climatici trovando finalmente un accordo tra le varie nazioni del mondo. La maggior parte dei paesi si è già impegnata a ridurre le emissioni ma ciò, come sappiamo, non è sufficiente. Questa ricerca mostra come un bel taglio al consumo di carne sarebbe un modo a basso costo ma efficace per ridurre davvero le emissioni inquinanti.
Sarà presa in considerazione? Improbabile!
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Francesca Biagioli
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