Janna è la più giovane reporter palestinese, e una delle più giovani del mondo, ed è seguitissima sui social: basti pensare che la sua pagina Facebook conta quasi centomila like ed è popolatissima di commenti. Il suo sogno è di poter studiare giornalismo ad Harvard, per poi lavorare per emittenti di fama globale, come CNN e Fox News, con l’obiettivo di dare voce alla sua gente, "cambiando il modo in cui il conflitto israelo-palestinese viene raccontato".
I suoi video, infatti, girati con l’iPhone della mamma in inglese e arabo, vogliono mostrare la cruda realtà di una guerra quotidiana: è questo lo spettacolo a cui Janna, che vive a Nabi Saleh, un piccolo villaggio della Cisgiordania in cui scontri e violenze sono all’ordine del giorno, assiste sin da piccolissima. Una realtà che l’ha fatta crescere fin troppo in fretta, strappandola precocemente all’infanzia, al gioco e alla spensieratezza.
Non a caso, secondo quanto raccontato da sua madre Nawal Tamimi ad Al Jazera, la sua passione per video e reportage è nata dopo una serie di episodi tragici: prima la morte di un amico di infanzia, poi di un cugino e, infine, di uno zio, tutti uccisi dal fuoco dell’esercito israeliano. Eventi che l’hanno segnata profondamente e che l’hanno spinta sulla via dell’attivismo, portandola a prendere parte a marce e manifestazioni di protesta contro l’occupazione e l’espropriazione delle terre e a documentare le violenze perpetrate ai danni della popolazione palestinese.
Negli ultimi mesi, la fama raggiunta dai suoi video l’ha spinta ad ampliare il suo raggio di azione e a viaggiare spesso con sua madre per filmare quanto accade in altre zone e città della Palestina, sempre con l’obiettivo di dare voce al suo popolo. Rispetto ad un giornalista adulto, Janna racconta di avere l’enorme vantaggio di non essere facilmente individuabile e riconoscibile e di poter filmare più liberamente, senza rischiare che la sua videocamera venga confiscata dai soldati.
Sua madre Nawal si dice orgogliosa di lei e del suo lavoro, ma è anche preoccupata per il suo futuro e per la sua incolumità. D’altra parte, Janna proviene da una famiglia con una lunghissima storia di attivismo alle spalle e un suo zio, Bilal Tamimi, è un fotografo che da anni documenta le sofferenze della popolazione di Nabi Saleh.
Guardando i lavori di Janna e toccando con mano il suo talento nel raccontare e documentare, si rischia di dimenticare che li ha realizzati una bambina. Ed è questo, forse, l’aspetto che più dovrebbe farci riflettere, perché ogni bambino dovrebbe avere il sacrosanto diritto di vivere con pienezza e spensieratezza la propria infanzia e non essere mai costretto ad assistere agli orrori di una guerrra.
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Lisa Vagnozzi
Photo Credits: Janna Jihad
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