Divulghiamo con vero piacere la lettera di Carmen Luciano, qui la fonte.
Renzo Samaritani, presidente
Qualche giorno fa Orietta Berti, in occasione del debutto di una miniserie per i social voluta dall’assessorato regionale all’Agricoltura dell’Emilia Romagna che la vede come protagonista assieme a Emanuele Ferrari e Federica Gif, ha esternato un suo pensiero sul consumo e non consumo di animali.
Stando a quanto riportato da Il Corriere della Sera la cantante avrebbe esternato che lei mangia meno carne adesso, ossia l’essenziale, perché “non si può mangiare solo frutta e verdura” dal momento in cui “ci serve la carne se vogliamo guardare alla salute”. Un messaggio anacronistico, farcito di pregiudizi sulla nutrizione vegetale, che sta rischiando di diventare il solito, trito e ritrito stereotipo da giornale.
Vorrei dire pubblicamente alla signora Berti svariate cose.
Inizio col sottolineare che chi ha abbracciato uno stile alimentare che esclude gli animali nella loro interezza (corpo e derivati corporei) non mangia solo frutta e verdura. La nutrizione vegetale comprende frutta e verdura, sì, ma assieme a cereali, ortaggi, legumi (importante fonte proteica), frutta secca e semi. La signora Berti non ha quindi tenuto di conto degli altri tre “livelli”, preziosissimi, della piramide alimentare vegetale che forniscono carboidrati, proteine e grassi indispensabili per il nostro organismo. Da oltre due decenni esiste la SSNV – Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana che diffonde informazione sul corretto consumo di alimenti vegetali per godere di ottima salute in qualsiasi fascia d’età.
Evidentemente, la signora Berti in questi ventidue anni fra una canzone e l’altra non ha avuto modo di informarsi.
Il primo punto trattato, già da solo, smonta la convinzione dell’essenzialità della carne nell’alimentazione umana. Ma per avvalorare la mia tesi (che più che tesi è un dato di fatto), vorrei ricordare che molti esperti di nutrizione umana sono dichiaratamente vegan e che sostengono appieno uno stile alimentare interamente vegetale, dallo svezzamento fino all’età adulta.
Per citarne alcuni: la Dottoressa Silvia Goggi, la Dottoressa Michela De Petris, la Dottoressa Luciana Baroni ma anche il Dottor Neal Barnard. Quest’ultimo, incontrato qualche anno fa a Milano, tenne una conferenza sui problemi di salute scaturiti proprio dal consumo di derivati animali, carne e pesce. Credere, al contrario, che non mangiare animali comporti inevitabilmente al non godere di ottima salute è veramente anacronistico.
Passando all’aspetto etico, il messaggio della signora Berti è molto triste perché grava sulla vita di milioni di creature fatte nascere con la sola ragione di morire, in tutta Italia e anche nella sua amata regione. Sorge il dubbio che tali parole siano state più un elogio alla tradizione culinaria dell’Emilia Romagna che miete vittime animali da tempi immemori e che le sta dando un ruolo sui social, ma oltre agli interessi, ai soldi, ai progetti, alla popolarità e al commercio, esiste altro. Spogliati di quanto è più superficiale, ciascuna persona prima o poi arriva a interfacciarsi con le azioni messe in atto durante la propria vita, le parole spese e il modus vivendi che ha portato avanti.
Ciò che diciamo non grava solo sugli altri ma anche su noi stessi.
Spero che un giorno, anche se la signora Berti di giorni ne ha già vissuti molti sulla Terra, arrivi a fare una profonda riflessione sulle sue parole e sulle sue convinzioni, comprendendo che non vi è alcun motivo per imporre confinamento, obblighi e morte agli animali e che essi non esistono per diventare ingrediente di ricette da preparare. Che uccidere e mangiare animali non è indispensabile. Non è mai troppo tardi per capire. Basta cercare di immedesimarsi nell’altro – capacità che cultura e sistema cercano di sopprimere nell’animo umano – per comprendere cosa è giusto e cosa no.
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