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Marco Ferrini, il capitalismo come religione | Kelebek Blog

Marco Ferrini, il capitalismo come religione

“Bisogna dunque ripensare e rinnovare le politiche sociali e anche, muovendo dall’esigenza pressante di un elevamento della produttività, le politiche del lavoro.”

Così, in quel linguaggio da detentore della verità che lo caratterizza, l’ex-comunista che fa da Presidente della Repubblica festeggia il Capodanno, ammonendoci che il 2012 dovrà essere vissuto nell’angoscia di Crescere, costi quel che costi.

Il dovere di sacrificarsi per la macchina capitalista è al di sopra delle parti e riguarda ogni cittadino:

“Crescita più intensa e unitaria, nel Nord e nel Sud, da mettere in moto con misure finalizzate alla competitività del sistema produttivo, all’investimento in ricerca e innovazione e nelle infrastrutture, a un fecondo dispiegarsi della concorrenza e del merito.

Ho davanti a me un documento che comprova, in piccolo questa capacità del capitalismo di produrre il più efficace totalitarismo di tutti i tempi, che non esonera né ex-comunisti né nessuno.

E’ un volantino che reca sul titolo le parole:

Leadership del Benessere. Un’esperienza teorico-pratica per la valorizzazione delle risorse umane”.

Sotto, l’immagine di una vetta innevata, che sembra incontaminata finché non immaginiamo milioni e milioni di imprenditori, che con la loro leadership, la scalano e ci costruiscono skilift.

A tenere il corso di Leadership del Benessere è un certo Marco Ferrini, che si presenta come “counselor e guida spirituale”. Altrove, apprendiamo che

“Ferrini Marco nasce a Ponsacco nel 1945 compie Studi superiori nel campo del Design e dell’Arte (Magistero D’Arte a Firenze) che lo portano a sviluppare le sue attitudini prima nel commercio di opere d’arte e pezzi di antiquariato e poi nel campo del Design di Mobili ed alcune attività connesse, professione che mantiene fino alla fine degli anni 90.

Nel 2001 a seguito di Studi effettuati a distanza consegue il Ph.D. in Psicologia rilasciato in Italia dalla The Yorker International University.”[1]

Di siffatti imprenditori dell’immaginario, il mondo è pieno.

Non ci interessa criticarli, perché non ci interessa sapere se i corsi di “leadership del benessere” riescano a rendere i frequentatori dei leader più bene/stanti in tutti i sensi. Grazie alla loro astuzia nel “valorizzare” le risorse umane che comprano sul mercato, capaci di lavorare dieci, quattordici e perché no, ventiquattro ore al giorno, con il sorriso sempre sulle labbra e sognando nuove vette himalayiche di produttività e competitività…

Bisogna credere per vincere, e non c’è religione più fidecentrica del monoteismo del mercato. Non basta compierne i gesti esteriori per ottenere la salvezza della bottom line.

Piuttosto, mi colpisce un’altra cosa.

Marco Ferrini si fa chiamare anche “Matsyavatara das” ed è

“Fondatore e Presidente del Centro Studi Bhaktivedanta e Direttore dell’Accademia di Scienze Tradizionali dell’India”.[2]

Dove per “India” si intende il particolare culto devozionale che i più anziani ricorderanno come quello degli “Hare Krishna”, i seguaci del defunto maestro indiano Srila Prabhupada.

Marco Ferrini appartiene a questo mondo da 35 anni e ha fatto parte del direttivo italiano dell’Iskcon, (International Society for Krishna Consciousness) la confederazione che unisce gli “Hare Krishna”. Attualmente dirige un’organizzazione propria – il Centro Studi Bhaktivedanta – che conta su quindici dipendenti stipendiati e numerosi volontari, e che all’interno del mondo degli “Hare Krishna” ha un peso oggi, a quanto pare, predominante, anche se contestato da molti. [3]

Ciò che ci colpisce, però, è come si siano ridotti gli Hare Krishna, nel giro di una trentina di anni.

Io li ho conosciuti, anche se superficialmente e da ragazzo, a Roma.

Dove avevano delle sedi incredibili – la prima, una vasta villa con piscina, la seconda comunque assai ampia e con un grande giardino – e offrivano stupendi pasti gratuiti, con predica incorporata, a curiosi e perditempo.

In questa sorta di monastero, poche decine di persone conducevano una vita davvero notevole.

Sveglia, se ben ricordo, verso le 3.30 tutte le mattine, e lungo rituale davanti alle statue del maestro e degli dèi, all’alba una colazione, mezza giornata fuori a danzare per strada e vendere dischi e libri porta a porta, lavoro duro in sede, la sera a predicare alle persone che venivano alla cena.

Senza false reticenze, mi spiegavano la durezza della scelta monastica, la castità, il dovere di abbandonare tutto, l’obbedienza dovuta ai guru, la prospettiva di un mondo governato da un sistema economico radicalmente ridimensionato, nonché alcune credenze come quella nelle caste oppure, cosa ancora più difficile da mandare giù, l’affermazione secondo cui l’uomo non sarebbe mai stato sulla Luna. Il tutto espresso con forme di logica piuttosto aliene, ma a modo loro implacabili.

Poi a dormire, in un grande salone in sacchi a pelo sul pavimento, con in sottofondo una voce registrata che intonava, avete indovinato, “Hare Krishna Hare Krishna…

Accanto all’inspiegabile flusso di soldi e all’atmosfera iper-igienica, mi colpì l’aspetto che potrei definire cattolica del movimento: il rigore della dottrina, il culto del sacrificio, la centralità della liturgia, il valore del sacerdozio, il ruolo delle immagini, riflessioni sulla morte e l’aldilà (compresi potenziali orrori), lo spirito di castità, le immagini un po’ barocche che erano un’eredità delle missioni gesuite in India. Cioè esattamente le cose che la Chiesa cattolica ha dovuto mettere sotto il tappeto a partire dagli Anni Sessanta, per poi dimenticarsene completamente.

Tutto questo può benissimo non piacere. E infatti, a me non piaceva [4].

Ma non si può dire che venisse presentato in modo ipocrita. E soprattutto, a pensarci, perché mai dovrebbe piacere?

Nel mio vocabolario, pluralismo significa rispettare l’esistenza anche di mondi che non mi piacciono affatto e in cui io personalmente non vorrei vivere. Mentre nel pensiero liberale, “pluralismo” significa semplicemente un’infinità di concorrenti simili tra di loro.

Gli Hare Krishna presentavano la possibile esistenza di un mondo diverso dal carcere in cui ci troviamo tutti. Un’uscita da questo mondo, intessuto della stimolazione incessante dei desideri e la loro illusoria soddisfazione attraverso il consumo competitivo.

Un’alternativa talmente ampia da comprendere non solo la politica, come nei tanti gruppetti che fiorivano all’epoca, ma l’intera impostazione della vita anche personale.

I critici dicono che Marco Ferrini fosse, all’epoca, uno dei più decisi assertori di questa disciplina, dirigendo con pugno di ferro la prospera sede fiorentina del movimento.

Quali sono i meccanismi che in pochi decenni riducono una proposta così forte a una melensa vendita di “Leadership del Benessere”, che offre la “risoluzione dei problemi esistenziali”, cioè un oppio che permetta di sopportare la fatica di subire ciò che ci viene inevitabilmente imposto?

Leggiamo sul sito di Marco Ferrini (notate le maiuscole per Professionisti, Imprenditori e Manager, nonché l’autolegittimazione attraverso la presunta laurea in psicologia, con tanto di “Prof.”) come scopo fondamentale dell’esistenza umana sia, far prosperare la propria azienda, con la bella soddisfazioni di “sentirsi capaci” e accettati dagli altri:

“In uno scenario ideale l’Azienda è essenzialmente un’organizzazione di persone finalizzata al profitto e al benessere.

Sono ricchezza aziendale la diversità umana dei collaboratori e quel generale senso di interdipendenza derivante da un sentimento che trascende egoiche personalizzazioni.

Far crescere e consolidare questa consapevolezza è faticoso, ma alla fine risulta l’unica opera veramente appagante, perché risponde in maniera soddisfacente alla fondamentale domanda sullo scopo che attribuiamo alla nostra esistenza.

Essere “capaci” implica la testimonianza, positiva e propositiva, della propria individualità armonicamente inserita in un gruppo.

Certo realizzare ciò non è facile, tuttavia è possibile.

Anche di ciò si occupa il  CSB, progettando Corsi e Seminari specificamente rivolti a Professionisti, Imprenditori e Manager ed Organizzazioni di categoria. Tali Corsi si basano su metodologia e didattica inedite per il panorama formativo italiano e sono tenuti dal Prof. Marco Ferrini (Ph.D. Psychology, International Affiliate of American Psychological Association), che da oltre 30 anni si occupa anche di formazione ed ha ha accolto in aula oltre 100.000 persone.”

Uno studio della dott.ssa Marilena Bogazzi dell’Università di Torino, presentato a un convegno del CESNUR ma fatto poi sparire dal sito dello stesso CESNUR (che non brilla certamente per amore di controversie), ci presenta un altro risvolto del signor Marco Ferrini: secondo numerose testimonianze, chi entra nel Centro Studi Bhaktivedanta per seguire un corso, si trova alla fine davanti alla proposta di seguire tutte le regole storiche degli Hare Krishna, nonché di baciare o lavare i piedi del signor Ferrini, che si rivela finalmente come guru spirituale e non come tecnocrate aziendale.

Sarebbe consolante pensare che qualcosa dello spirito storico dell’organizzazione sopravviva, almeno in segreto; ma è qui che si innesta un altro meccanismo tipico di quelle che il Collettivo Tiqqun chiama comunità terribili: la loro perenne ricattabilità, il fatto che rischiano in ogni istante di essere smascherati come devianti rispetto alla tollerante opinione pubblica.

Ma si tratta di una ricattabilità scelta, nel momento in cui si accetta di farsi pubblicità usando gli stessi meccanismi della società dello spettacolo che in qualunque momento potranno divorare chi pensa di manipolarli.

Note:

[1] Secondo lo studioso Luca Lantero, in “Fabbriche di titoli: l’indagine di campo“, The Yorker International University, creata dall’imprenditore mobiliare Marco Grappeggia, è una

“istituzione che rilascia honorary degrees, cioè titoli onorifici, e titoli di Doctorate in varie discipline, tra cui qualifiche in scienze immobiliari.

Un messaggio della TYIU è stato dichiarato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato come una fattispecie di pubblicità ingannevole tramite il Provvedimento numero 11296: si affermava che i titoli ottenuti potevano essere riconosciuti nel nostro paese. Questa istituzione non è riconosciuta in Italia e non presenta alcun riconoscimento nemmeno come filiazione di istituzione straniera. Alla voce “Indirizzi Agenzie” del suo sito internet, scopriamo che la TYIU con sedi in Europa, in Nord e Sud America, in Africa e in Cina, dichiara di essere riconosciuta dal Government Accreditation Association of Delaware, cosa che, stando alle dichiarazioni del Garante, non è stata sufficientemente provata: il Dipartimento per l’educazione di Delaware ha comunicato che l‘istituzione non è mai stata autorizzata a operare sul territorio dello Stato. La TYIU fa parte dell’International University Accrediting Association (IUAA), accreditation mill con base in California e presente nell’elenco dello Stato del Michigan come non riconosciuta: la IUAA è citata nel comunicato relativo alle bogus institutions che dichiarano di essere riconosciute dall’Unesco. La Yorker International University ha precisato, dopo l’intervento del Garante, che “i titoli americani non sono equipollenti alla Laurea italiana” e che “The Yorker International University ed il suo partner Université Intercontinentale Le Bon Samaritain non sono affiliati e riconosciuti in nessun modo con Murst, Miur ed istituzioni italiane”.

Comunque, prima che le autorità italiane se ne accorgessero, alcuni italiani sono riusciti a far accreditare le loro “lauree” ottenute presso la TYIU, in Nicaragua, ma con successiva riconvalida in Italia. Pur non parlando una parola di spagnolo…

[2] Dubitiamo che nei suoi corsi, si utilizzi come libro di testo Olocausti tardovittoriani, di Mike Davis, che spiega in meticoloso dettaglio come l’intera civiltà aziendale moderna sia stata costruita sul sacrifico umano dell’India.

[3] Secondo l’indagine della dott.ssa Bogazzi, il CSB, che si dichiara “associazione culturale riconosciuta non profit”,  rilascia dei titoli di “master” e di “Doctorate Ph.D”:  questi ultimi costano fino a 9.000 euro. I titoli valgono ovviamente solo all’interno dello stesso CSB.

Accanto al Centro Studi Bhaktivedanta, prospera la Fondazione Studi Bhaktivedanta, diretta dalla figlia di Marco Ferrini, che

“si occupa della gestione dei patrimoni mobili e immobili e della gestione delle donazioni e dei lasciti anche in riferimento al movimento spirituale di cui Ferrini è guru e Maestro”.

[4] In breve, perché richiedeva di fingere di appartenere a un’intera cultura in cui non ero nato; e per l’atmosfera pericolosissima, tipicamente indiana, di devozione personale al guru.

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