di Angelo Adam Cannella - Capo Peloro è terra di antichi dei, di mostri marini, di templi e città perdute. Lo stesso nome “Peloro” significa in greco “mostruoso, gigantesco, immane”, anche se, a guardarlo oggi, Capo Peloro sembra solo una tranquilla lingua di sabbia. In ogni caso, secondo i miti dei nostri predecessori, proprio a Capo Peloro viveva la dea Pelorias, una ninfa delle acque e della costa il cui nome deriva da quello del promontorio. Pelorias era uno spirito della natura che abitava tra i “pantani” del capo, raffigurata nelle antiche monete di Messina come una donna dai capelli intrecciati di canne e rose di palude. Essa era forse una personificazione di Gaia Pelore, ovvero la Grande Madre Terra dei Greci, la stessa divinità che diede a Crono la falce (zankle) con cui egli evirò il proprio padre. Era quindi una sorta di gigantessa primordiale, che incarnava il principio più selvaggio e inumano della natura. Ma essa era anche, nelle immagini mutevoli del mito, una bella e amabile ninfa, capace di fare innamorare di sé principi e guerrieri. Pelorias era la “Signora delle Paludi”, poiché aveva la sua dimora tra gli acquitrini della punta nord di Messina. Le numerose monete su cui appare raffigurano anche delfini e tridenti, conchiglie e mitili, tutti simboli ad essa legati. Uno di questi disegni è invece misterioso: una sorta di quadrato di linee incrociate, al centro del quale è raffigurata una conchiglia. Mai spiegato con certezza, secondo alcuni studiosi esso ricorda il tempio segreto della dea, nascosto tra i canneti dei pantani. Tra le varie conchiglie associate alla dea c’era anche la pinna nobilis, una specie di cozza gigante (“peloria” appunto) considerata preziosissima dagli antichi. (via La città sommersa di Risa e i misteri di Capo Peloro - ALTRO GIORNALE)
via Nirvan (Ananda) http://ramananda2.tumblr.com/post/73075717528
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