ARTICOLO A CURA DI DIANA VANNINI, TRATTO DA UNA LEZIONE DI MARCO FERRINI
Uno dei problemi più frequenti che le persone sperimentano è intrattenere nella mente, loro malgrado, emozioni fastidiose, immagini sgradevoli, pensieri disturbanti.
Tale materiale psichico è dis-ecologico perché non permette di vivere in maniera naturale, spontanea e positiva, ed è quindi causa, oltre che di una sofferenza diffusa, anche di frustrazione per la persona che ne è vittima che vorrebbe liberarsene ma non vi riesce. Per liberarsi da questi “parassiti psichici”, infatti, è necessaria un’educazione specifica, prima, ed una pratica, una tecnica adeguata, poi.
L’educazione rimanda alla conoscenza che si deve acquisire circa l’origine e la natura di tali elementi disturbanti, mentre la pratica, riguarda la modalità, una volta presa coscienza di essi, di trattarli, in modo da non esserne più effetto; presa singolarmente, ognuna di queste voci, sarebbe una condizione necessaria ma non sufficiente per affrontare il problema, affinché il processo di risoluzione sia completo ed efficace è necessario che entrambe le componenti si sviluppino e lavorino in sinergia.
Veniamo dunque alla prima fase: l’educazione.
Il corrispettivo sanscrito del termine pensiero, che non rimanda necessariamente ad un pensiero tossico, ossessivo, o patologico, quanto piuttosto ad un pensiero automatico, è vitarka.
Il fatto che questo genere di pensiero sia comune nella maggioranza delle persone, non lo rende meno dannoso. Anche se da un punto di vista psicodiagnostico vitarka non è da considerarsi appartenente a nessuna categoria specifica, esso rappresenta quel genere di pensiero che nasce e si sviluppa in automatico nella psiche delle persone ed il cui rigenerarsi ed alternarsi, vitarka dopo vitarka, offusca progressivamente la loro capacità di dialogare con se stesse, con la propria interiorità vera e che non si esplica con quel genere di elementi mentali.
La persona, inconsapevole della propria natura, tende ad identificarsi con i propri vitarka e finisce quindi per dialogare con essi, anziché con se stessa, divenendone schiava.
Il meccanismo di subordinazione dell’individuo al pensiero automatico può ben esplicarsi esaminando il suo processo di risposta al mondo fenomenico esterno, costituito da stimoli sensoriali continui e al proprio mondo interiore, determinato da memorie, registrazioni presenti e passate e reazioni agli stimoli esterni.
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