L'insonnia , fastidiosa nemica di molte nostre notti. Ma a lungo andare dormire poco e male può portare anche alla morte prematura. Nessuna esagerazione, ma quanto dimostrato da uno studio condotto dall'University of Arizona.
Non si tratta della sporadica perdita di sonno, l'insonnia cronica. Un disturbo purtroppo molto comune ma che può diventare mortale. La ricerca è durata oltre 40 anni, dimostrando che l'insonnia cronica è associata a più alti livelli di infiammazione nel sangue. Quest'ultima è a sua volta responsabile della maggior parte delle malattie croniche (patologie cardiache, diabete, demenza, cancro e depressione).
A rilevare l'associazione tra l'insonnia persistente, le infiammazione e la mortalità è stato il team dell'Arizona Respiratory Center guidato dal dott. Sairam Parthasarathy e dal dott. Stefano Guerra.
Gli scienziati hanno preso in esame gli esiti di uno studio sulla respirazione del Tucson Epidemiological Study of Airway Obstructive Disease, che ha avuto inizio nel 1972 e ha seguito i partecipanti per decenni. I dati hanno mostrato che l'insonnia cronica è associata a livelli più elevati di infiammazione nel sangue e a un aumento del 58 per cento del rischio di morte.
I ricercatori hanno scoperto che, a differenza dell'insonnia intermittente (chi soffre questo tipo di insonnia ha un sonno leggero per tutta la notte), quella cronica e persistente che durava per almeno sei anni era associata alla mortalità. Hanno inoltre scoperto che maggiori livelli di infiammazione (misurati da un biomarker nel sangue chiamato proteina C-reattiva) e un aumento di infiammazione in tali biomarcatori erano associati all'insonnia persistente e alla morte.
“Una maggiore comprensione dell'associazione tra di insonnia persistente e morte dovrebbe aiutare nel trattamento della popolazione a rischio”, ha detto Parthasarathy, autore principale dello studio. “Abbiamo scoperto che i partecipanti con insonnia persistente avevano un aumento del rischio di morire per problemi al cuore e ai polmoni” indipendente da altri fattori come sesso ed età.
La ricerca basata sui biomarcatori potrebbe potenzialmente far progredire la precisione scientifica nel prevedere gli esiti clinici futuri in pazienti con l'insonnia.
Un problema che colpisce un numero molto elevato di persone nel mondo, anche tra i bambini , che ancora non ha una vera e propria cura, anche se piccole accortezze possono aiutare, come l'alimentazione e alcuni rimedi naturali.
Francesca Mancuso
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