Ansia e paura hanno lo stesso interruttore nel nostro cervello. La molecola che le attiva è la stessa che portò Rita Levi Montalcini al Nobel
Ansia e paura hanno lo stesso interruttore al centro del cervello. Lo si cercava, è stato trovato e adesso si può lavorare per vedere come «spegnerlo». Ma solo quando la paura diventa malattia, quando il panico è ingiustificato e paralizza, quando un grave trauma lascia come conseguenza il terrore nel fare qualcosa. Guidare l’auto, entrare in ascensore, uscire di casa, prendere l’aereo… Fobie che innescano modificazioni ormonali e fisiche tali da bloccare una persona, farla star male, attivare meccanismi di difesa ingiustificati. Utili per anticipare i pericoli reali, negativi quando il pericolo è inventato. In questi casi, e solo in questi, l’interruttore va spento o rimesso in equilibrio. Oppure si può studiare come renderlo più raffinato, quasi predittivo di un pericolo: ansia e paura hanno consentito all’umanità bambina di sopravvivere, il meccanismo va preservato.
Amigdala, la «telecamera di sicurezza»
Il sistema memorizza il pericolo avvertito da tutti e cinque i sensi, lo elabora e innesca le contromosse. Per esempio fa distinguere se quello che sembra un ramo d’albero è un vero ramo o un serpente mimetizzato, se l’auto che sta arrivando rischia di investirti o non rappresenta un pericolo. Questa «telecamera di sicurezza» al centro del cervello si chiama amigdala, il pannello di comando è adiacente e si chiama talamo. Si trovano in un’area della corteccia cerebrale che più si studia più assomiglia alla centrale di comando psico-fisico-emotiva dell’intero organismo. Tutto è connesso e tutto lì, in quell’area, interpreta dati e innesca reazioni.
40 milioni di ansiosi nel mondo
Il circuito nervoso responsabile dei disordini dell’ansia e delle fobie, che nel mondo affliggono 40 milioni di adulti, è stato scoperto da due gruppi indipendenti: uno, guidato da Bo Li, del Cold Spring Harbor Laboratory (Cshl) di New York; l’altro, con a capo Gregory Quirk, dell’università di Porto Rico. Entrambi firmano la pubblicazione su Nature . Individuato nei topi, il circuito svolge un ruolo chiave nell’organizzazione della memoria dei ricordi traumatici. È difficile immaginare, rilevano gli autori, che un’emozione intangibile come la paura sia codificata all’interno di circuiti nervosi. Invece è così: è memorizzata e organizzata in un’area specifica del cervello. «In precedenti ricerche – spiega Li – abbiamo scoperto che l’apprendimento della paura e del relativo ricordo sono gestiti dalle cellule nervose nell’amigdala centrale». E ora il passo successivo. Gli scienziati hanno visto che l’amigdala centrale è governata a sua volta da un gruppo di neuroni che formano il nucleo paraventricolare del talamo (Pvt), una regione del cervello estremamente sensibile alle sollecitazioni e che agisce come un sensore sia alla tensione fisica sia a quella psicologica.
Le Bdnf
Spiega Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano: «Queste due aree sono legate da messaggeri chimici, molecole chiamate Bdnf (Brain-derived neurotrophic factor), note per essere implicate nei disturbi d’ansia». Le Bdnf sono fattori di crescita che svolgono un ruolo importante nello stimolare la nascita di nuovi neuroni e di nuove connessioni tra questi. Secondo Bo Li potrebbero diventare presto il bersaglio di nuovi farmaci per il trattamento dell’ansia e delle fobie. O per modulare ansie e fobie. Le Bdnf parlano italiano: la prima a essere scoperta, negli anni 50, è quel fattore di crescita neuronale (Ngf) che consacrò Rita Levi Montalcini premio Nobel nel 1986.
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