In Nepal in mezzo alla disperazione, qualche sprazzo di speranza. Un bimbo è stato estratto vivo dalle macerie, dopo il terremoto che il 25 aprile scorso ha devastato il paese. Un vero e proprio miracolo, e non è l'unico.
La conta delle vittime continuerà ancora a lungo. Ad oggi sono circa 6.300 quelle già accertate. Ma a dare nuova speranza sono le vite ritrovate dopo lunghi scavi a mani nude in mezzo alle macerie.
Com'è accaduto al piccolo Sonit Awal, che è stato salvato dall'esercito nepalese domenica mattina alle 10. La casa in cui il piccolo viveva coi genitori era crollata il giorno prima. Allora il padre Shyam aveva chiamato i soccorritori.
Fino alla mezzanotte, al buio, gli uomini avevano provato a cercare il bambino ma senza successo. Nessun suono, né un piccolo movimento. Le speranze ormai si erano affievolite. Shyam non credeva più al fatto che avrebbe riabbracciato il suo bambino. Sono state necessarie 22 ore per mettere in salvo il bambino.
Ma dopo che l'esercito è andato via, il padre ha sentito il grido del piccolo. Non si è mosso da lì, cercando di tirarlo fuori. La squadra di soccorso è tornata la mattina e ha tratto così in salvo il bambino.
Miracolosamente illeso. Quando il piccolo è stato soccorso era in buone condizioni ma è stato portato all'ospedale di Bhaktapur per un check-up ma nel complesso stava bene.
A Kathmandu anche un ragazzo di 18 anni è stato estratto vivo dalle macerie dopo ben 5 giorni, I soccorritori hanno scavato per ore per cercare di raggiungerlo. Il giovane è stato estratto ancora vivo ieri alle 11:50 ora locale. Si chiama Pemba ed è originario di Nuwakot. Si trovava lì perché lavorava in una guest house della capitale, crollata per via del terremoto.
Ma le buone notizie, purtroppo, sono di gran lunga meno numerose rispetto a quelle cattive. Fa sapere Save the Children che nei principali ospedali di Kathmandu e Lalitptur molti sono i bambini soli o separati dai propri genitori. Tanti sono anche i piccoli gravemente feriti o che hanno subito amputazioni degli arti. A Bhaktapur, un’antica città a poche miglia da Kathmandu, Rajani, una bambina di 10 racconta agli operatori di Save the Children sopraggiunti:
“Ero con i miei amici quando è arrivato il terremoto, ero terrorizzata. Alcuni dei miei amici sono rimasti feriti, a qualcuno si sono spezzate le braccia, altri sono scappati di corsa.”
E i sopravvissuti devono fare i conti con la realtà e con le epidemie. Tanti i corpi delle vittime non ancora rimossi. E manca anche la legna per la loro cremazione.
Francesca Mancuso
Foto: Kathmandutoday
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