Pesticidi, una presenza costante a tavola. Il 42% dei prodotti ortofrutticoli e dei derivati risulta contaminato da una o più sostanze chimiche. A rivelarlo è il nuovo dossier di Legambiente, Stop pesticidi, secondo cui quasi la metà dei campioni analizzati (su un totale di 7132) risulta contaminata.
Un quadro preoccupante se si considera che solo lo 0,7% dei campioni di prodotti agricoli e derivati analizzati dal laboratori pubblici regionali risulta fuori legge a causa di alcune sostanze chimiche oltre il limite permesso o per tracce di sostanze vietate.
I numeri arrivano da Expo, dal primo raduno degli ambasciatori del territorio, un incontro dedicato alla nuova agricoltura italiana composta da piccoli e medi agricoltori e produttori locali.
Le cifre. Nel 2014 i laboratori pubblici, accreditati per il controllo ufficiale dei residui di fitosanitari negli alimenti, hanno analizzato 7132 campioni tra prodotti ortofrutticoli, prodotti derivati e miele. La percentuale di campioni irregolari, come già annunciato, è pari allo 0,7% (nel 2012 era dello 0,6%).
Nel dettaglio, il 18,8% dei campioni ha un solo residuo di pesticida, mentre il 22,4% (rispetto al 17,15% del 2012), rientra nella categoria del multiresiduo. È la frutta ad avere le concentrazioni più alte: sul totale dei campioni analizzati per questa matrice alimentare, circa il 43,3% contiene due o più residui chimici.
Le sostanze attive più spesso rilevate sono il Boscalid, il Captano, il Clorpirifos, il Fosmet, il Metalaxil, l’Imidacloprid, il Dimetoato, l’Iprodione.
Buone e cattive notizie. Ma c'è anche una piccola buona notizia: la superficie coltivata con metodo biologico nel nostro paese cresce sempre di più (23,1% dal 2010 al 2013) insieme a una sempre maggiore diffusione di pratiche agricole alternative e sostenibili.
Ciononostante, in Italia l'uso della chimica in agricoltura è sempre elevato. Secondo l'Eurostat, siamo i primi consumatori europei di fitofarmaci e molecole chimiche per l'agricoltura.Il multiresiduo, ossia la presenza di più residui chimici in uno stesso campione, è salito di cinque punti percentuali dal 2012 al 2014, passando dal 17,1% al 22,4%. I prodotti tristemente da record sono l'uva con 15 residui di pesticidi, le fragole con 8 e le mele con 5.
Pesticidi, nemici della biodiversità. Proprio così. La loro massiccia presenza è una minaccia per la biodiversità, con impatti negativi anche sulla fertilità del terreno e sull'erosione dei suoli. Ad esempio, l'uso spropositato di erbicidi a largo spettro per il controllo delle infestanti, quali il ben noto glifosato, lascia i suoli perennemente nudi ed esposti. Non sarà un caso se l'IARC, l’agenzia per la ricerca sul cancro dell’Oms, lo ha classificato come sicuro cancerogeno per gli animali e fortemente a rischio anche per l’uomo.
Le prime vittime sono le api, che vivono una moria senza precedenti a causa dei neonicotinoidi – thiamethoxam, clothianidin e imidacloprid – gli antiparassitari usati per la concia delle sementi di mais, di cui in Italia ad oggi è sospeso l'utilizzo.
Pesticidi nelle acque. Secondo l'ultimo Rapporto sullo stato delle acque italiane (2013) anche le acque sono minacciate dai pesticidi, con la presenza di 175 diverse sostanze chimiche, erbicidi in primis, con il glifosato in testa seguito da fungicidi e insetticidi.
Buone pratiche. La rotazione colturale, il sovescio e tecniche di lavorazione del terreno a minor impatto ambientale oggi aiutano a mantenere i suoli sani e fertili, a preservarli dall'erosione e ridurre il rischio idrogeologico.
Per la direttrice di Legambiente Rossella Muroni:
“La normativa vigente ha portato nel tempo a controlli più stringenti sull’uso corretto dei pesticidi in agricoltura, tuttavia i piani di controllo dei residui di fitosanitari negli alimenti, predisposti a livello europeo e nazionale, non dedicano la giusta attenzione al fenomeno del multiresiduo e delle sue possibili ripercussioni sulla salute dei consumatori. La normativa infatti, continua a considerare sempre un solo principio attivo, fissandone i limiti come se fosse l’unico a contaminare un prodotto. Come abbiamo visto però, i residui possono essere anche più di dieci e dunque è fondamentale che l’Efsa si attivi per valutare e definire i rischi connessi ai potenziali effetti sinergici sulla salute dei consumatori e degli operatori e quelli sull’ambiente”.
Per il dossier completo clicca qui
Francesca Mancuso
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