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Dalla letteratura al cinema. La vita e la Memoria di Helga Schneider diventano film

Cara Helga, buondì!
Prego il Signore che stia bene e si senta spiritualmente ispirata.
Il tema da lei sviluppato, la relazione famigliare, e in particolare quella personale madre-figlia, all'interno di quel tragico contesto storico, crea un sapore certamente particolare. E, sentendo la necessità di dirglielo fin dai primi capitoli letti, colgo l'occasione per farle ora vivi complimenti per il sapiente uso della lingua italiana: un uso così efficace da far invidia a noti scrittori di madre lingua.
Per consentirle di meglio conoscermi, le accenno qualcosa alla  relazione tra lo sfondo su cui si stagliano le sue narrazioni e me. La Storia in generale mi ha da sempre appassionato e, per motivi che non ho ancora soddisfacentemente sondato, quella del Terzo Reich: la sua inspiegabile ascesa, la sua conquista del potere, la sua disfatta e i processi che ne son seguiti, in particolare quelli ai gerarchi nazisti celebrati a Norimberga e quello ad Adolf Heichman a Gerusalemme. Però, nonostante le non poche letture e le conversazioni con i rari testimoni storici, con i loro stretti parenti, con esperti di questioni politiche e sociali germaniche ed ebraiche, sento che per capire mi sfugge ancora qualcosa di fondamentale, e inquietante.
Con stima e affetto,
Marco Ferrini (Matsyavatara Das)

L'assessore Mezzetti incontra la scrittrice tedesca. Presto un film dal titolo 'Let me go', tratto da una sua opera

    
Un incontro amichevole, e fortemente voluto, quello dell'assessore regionale alla Cultura, Massimo Mezzetti, con la scrittrice tedesca Helga Schneider, nota a livello internazionale per aver raccontato la sua tormentata storia di figlia abbandonata da una madre nazista, sterminatrice nel campo di Auschwitz-Birkenau.
I suoi due long seller "Il rogo di Berlino" e "Lasciami andare, madre" hanno attraversato generazioni di lettori, e sono spesso usati nelle scuole come testi didattici e di approfondimento per conoscere e comprendere gli orrori del nazismo e la storia del '900.
Helga Schneider vive da oltre 50 anni a Bologna, scegliendo la lingua italiana e non la tedesca per i suoi romanzi; invitata in tutto il mondo a testimoniare la sua esperienza e il suo impegno nella preservazione della Memoria, la Schneider è molto attiva anche sul territorio proprio con le giovani generazioni, con cui spesso si rapporta e confronta, trasmettendo la sua esperienza di vita, ricevendo anche un riconoscimento ufficiale dell'Anpi.
Forte di questo impegno e appreso dell'imminente uscita del film "Let me go" -  importante produzione inglese diretta dalla regista indipendente Polly Steele, che vanta tra l'altro le musiche composte da Philip Selway dei Radiohead - l'assessore Mezzetti ha invitato la scrittrice in viale Aldo Moro, nella sede della Regione, ritenendo doveroso il tributo di un territorio a una delle sue cittadine più autorevoli e impegnate.

"La figura di Helga Schneider- afferma l'assessore alla Cultura Massimo Mezzetti- è importantissima e particolare. Siamo abituati ad ascoltare testimonianze di chi ha vissuto il periodo nazi-fascista come partigiano, invece la sua è collegata a chi è sempre stato l'oggetto delle lotte partigiane. La signora Schneider, con coraggio, ha dato voce a chi, come lei, è stato a sua volta vittima innocente della follia di Hitler e del nazismo". "Il nostro incontro- continua l'assessore- rafforza l'importanza del lavoro sulla Memoria, che l'Emilia-Romagna ha consolidato con l'approvazione della nuova legge regionale, perché una persona che non sa che cosa ha fatto e da dove viene non sa nemmeno che cosa vuole. E in questa sinergia con associazioni e istituti storici del territorio, la parte relativa alle testimonianze dirette, soprattutto nelle scuole e con gli studenti, sarà molto importante".
"Anche il popolo tedesco ha sofferto moltissimo durante il periodo nazista- ha riferito la Helga Schneider all'assessore- soprattutto i bambini. Si parla molto poco di questo e io posso testimoniarlo. Trovo molto importante andare nelle scuole a raccontare la mia esperienza, spiegare ai ragazzi, confrontarmi con loro e rispondere alle loro domande".
Schneider ha raccontato che, isolato dal resto del mondo dal sistema nazista, il popolo tedesco disponeva solo dell'informazione controllata dal regime. "I miei in cantina- ha spiegato durante l'incontro- ascoltavano di nascosto la BBC, rischiando molto, perché era proibito. In questo modo capivamo che quanto Goebbels raccontava erano delle bugie incredibili! Oggi viviamo in un'era tecnologica in cui le informazioni sono disponibili dopo pochi minuti. Tutto ciò è meraviglioso ma anche pericoloso, soprattutto per i più giovani, perché comporta a una forte esposizione a propagande terroristiche".
Ha raccontato poi la vicenda della madre: "Mi disse di aver fatto un corso di disumanizzazione per poter lavorare dentro i campi di concentramento. Soprattutto le guardiane delle SS dovevano essere in grado di sopportare la vista delle crudeltà. Questo lavaggio del cervello le è rimasto per tutta la vita".

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