Sembra chiaro che la descrizione dell’atomo vista nell’articolo precedente sia molto diversa da quella fornita dall’apparato scientifico. La descrizione attualmente accettata dell’atomo si basa tuttavia su una serie di risultati sperimentali che semplicemente non possiamo ignorare. Valuteremo alcuni di essi per vedere se possono essere messi in armonia con il nuovo modello basato sull’etere.
La scoperta dell’elettrone come particella con massa si è sviluppata grazie a una serie di esperimenti. Furono eseguiti nel corso del IX secolo sulla base della conduzione elettrica attraverso gas rarefatti. Crookes era uno degli scienziati implicati in quegli esperimenti. Egli utilizzava un dispositivo realizzato con un tubo di vetro con due elettrodi saldati alle estremità. Questi elettrodi venivano alimentati da un generatore di corrente continua con un potenziale di 10000 V.
All’interno del tubo, l’aria veniva stata sostituita con un gas noto. Quindi Crookes creava il vuoto nel tubo con una pompa per il vuoto. Lo scienziato notò che, sotto le 0,4 atmosfere di pressione assoluta, si generava una luminosità diffusa tra i due elettrodi. Scendendo fino a 10–6 atmosfere, la luminosità interessava l’intero gas contenuto nel tubo. In questa situazione, il vetro davanti al catodo emetteva una debole luminescenza dovuta alla fluorescenza.
A quel tempo, gli scienziati pensavano che le radiazioni fossero prodotte dal catodo. Oggi la scienza afferma che questi raggi sono formati da elettroni che si spostano dal catodo all’anodo, rendendo la superficie che colpiscono fluorescente. Crookes vide inoltre che gli elettroni proiettavano un’ombra, dimostrando quindi che si stavano muovendo in modo rettilineo.
Nel 1895, Perrin vide che un elettroscopio colpito dalla radiazione catodica veniva elettrificato negativamente. Questa era la prova della carica negativa degli elettroni. Altri esperimenti, condotti sui raggi catodici, dimostrarono che i raggi sono particelle. Questo perché erano in grado di mettere in rotazione una piccola turbina montata tra gli elettrodi.
Quindi, dobbiamo tenere in considerazione tutti questi esperimenti iniziali. D’altra parte, noi siamo coscienti del fatto che i risultati di questi esperimenti devono essere rivisti alla luce della reintroduzione dell’etere. Come possiamo spiegare questi esperimenti sulla base di questo nuovo modello?
Empiricamente possiamo dire che, tra due elettrodi con una grande differenza di potenziale, l’etere si organizza in modo non uniforme. Potremmo quindi supporre che, applicando una tensione elettrica agli elettrodi, gli eteroni inizino a spostarsi verso il catodo per stabilire la nuova distribuzione non uniforme nello spazio. Quando viene applicata la tensione, sorge un vento di etere.
Gli eteroni si muovono e colpiscono nel loro movimento le particelle di gas. Mentre li colpisce, una parte dell’energia dell’etere viene trasferita alla particella di gas. Questa quindi, restituirà l’energia sotto forma di radiazione luminosa (effetto fluorescente). Abbiamo già parlato di un effetto simile di fotoluminescenza parlando della luminosità della luna.
Il vento di etere tra gli elettrodi agisce con una piccola forza sulla turbina, che inizia a muoversi. Ciò dimostra che sorge un vento particellare. L’idea che ci facciamo noi è che queste particelle non sono elettroni ma eteroni. Il fatto che gli eteroni siano in grado di generare una forza diventa chiaro quando consideriamo la forza di gravità generata da un vento di etere. Questi eteroni che formano il vento di gravità agiscono con una forza sui corpi che hanno una massa. Lo stesso accade con il vento di etere che sorge nel tubo di Crookes.
Quando ho iniziato a considerare questo argomento, fin dall’inizio, ho continuato a parlare delle cariche elettriche come di entità originate dalla scarsità o dall’abbondanza di etere. Questa diversa concentrazione (se confrontata con la distribuzione media di etere nello spazio) è mantenuta dai vortici costituenti le cariche. Questa è la forza che, mentre gira, può espellere o attrarre gli eteroni da o verso il centro generando così un vento.
Non c’è un solo vortice nell’atomo. Il protone è formato da un’abbondanza di etere. Quindi, è necessario un vortice per mantenere questa abbondanza. Lo stesso vale per l’elettrone, che però è una scarsità di etere. I vortici sono due e ruotano in modo diverso. Questi due vortici si attrarranno, si sovrapporranno e si uniranno per formare un atomo costituito dalle cariche positive e negative. L’atomo è formato dunque da molti vortici sovrapposti.
C’è un chiaro movimento di particelle, dal catodo negativo verso l’anodo positivo. L’evidenza deriva dal fatto che è possibile vedere la fluorescenza nella parte del tubo opposta al catodo, a causa dei raggi catodici. Cosa succede nel tubo?
A causa della differenza di potenziale creata dalla batteria, le cariche negative presenti nel circuito si accumulano nella piastra del catodo. D’altra parte, tutti gli ioni positivi si accumulano nella piastra anodica. Quando le cariche negative e positive raggiungono le rispettive piastre, si fermano lì. Questo accade perché non possono muoversi nel traferro.
Tuttavia, le cariche creano un campo elettrico in questo spazio, cioè un vento di etere. Ciò è dovuto al fatto che, da una parte, le cariche espellono gli eteroni, mentre dall’altra gli eteroni vengono attratti. Sappiamo che questo vento scorre dal catodo all’anodo ma anche dalla scarsità all’abbondanza. L’obiettivo è mantenere sia la scarsità che l’abbondanza.
Ci sono dunque due venti: uno teso a creare la distribuzione non uniforme di eteroni e uno volto a ristabilire l’equilibrio. Paul Laviolette spiega questo doppio fenomeno introducendo due tipi diversi di eteroni. Io tendo a considerare un solo tipo di eteroni. I vortici creano lo squilibrio. Il vento catodico è la conseguenza dello squilibrio, cioè del campo elettrico formatosi a causa della presenza di una carica elettrica, ed è il tentativo di ristabilire una situazione di minimo energetico.
Possiamo quindi confermare che l’elettrone si trova sul lato della scarsità, mentre gli ioni positivi si trovano sul lato dell’abbondanza. Solo in questo modo abbiamo un movimento di particelle dal catodo verso l’anodo. Allo stesso modo, possiamo notare la fluorescenza sull’altro lato del catodo. La fluorescenza è dovuta agli eteroni che colpiscono le sostanze fluorescenti nel tubo. In questo modo, sposteranno gli elettroni su un nuovo livello di energia che, tornando alla loro posizione, libererà l’energia che avevano ricevuto in precedenza.
Qualcuno potrebbe chiedersi come mai gli eteroni, semplici e neutri, che si muovono nel tubo devino il loro percorso se si avvicina un campo magnetico al tubo. La risposta è semplice: è vero che un singolo eterone non può creare un campo, ma è comunque influenzato da un campo esterno. Vedremo che un campo magnetico genera un vento di etere a velocità costante. Come una goccia è influenzata dal flusso di un fiume, un eterone è influenzato dal campo magnetico, e dal vento di etere che ne consegue, generato da un magnete posto nelle vicinanze.
Atomo significa dunque vortici di etere sovrapposti. Questa affermazione avrà molte conseguenze sorprendenti. Il movimento del vortice produce una concentrazione non uniforme di etere nello spazio. Una abbondanza di eteroni produce una carica positiva, mentre la scarsità genera una carica negativa. I due vortici che producono scarsità o abbondanza possono sovrapporsi formando così l’atomo.
Come ho già ricordato esiste comunque almeno un’altra teoria che andrebbe ricordata o menzionata: quella di Paul LaViolette, un fisico e teorico dell’etere in grado di introdurre un modello alternativo. Egli ha descritto l’etere come formato da più tipi di eteroni diversi che si possono trasformare uno nell’altro con successive trasformazioni cinetiche.
Egli, come me, ha immaginato gli eteroni disposti in modo differente nello spazio, creando così punti di scarsità o di abbondanza di un determinato tipo di eterone. Con una carica positiva Y, gli eteroni sono più densi vicino alla carica, mentre gli eteroni X diventano più densi lontano dalla carica. Gli eteroni possono cambiare da X a Y e viceversa, con reazioni cinetiche a seconda della situazione.
Gli eteroni possono anche diventare, secondo LaViolette, eteroni G, che sono responsabili del campo di gravità. Egli suppone che, nell’etere, qualsiasi campo di forza produca stress elastico o una sorta di deformazione. Questo può essere il risultato di una diversa disposizione degli eteroni. Accadrà in base a diverse densità, a causa della loro posizione, più o più vicino alla carica.
Questa è un’idea abbastanza simile alla mia. Ciò che abbiamo dimostrato è che gli eteroni normali producono gravità. Questo è possibile grazie al vortice di etere che da vita ad un vento verticale di etere. Secondo me, non ci sono eteroni G. Tendo a evitare il concetto dell’esistenza di eteroni X e Y. Tuttavia, devo ammetterlo, le mie idee sono ancora in evoluzione.
Michele Vassallo è un ingegnere meccanico. Nel 2015, quando scoprì il movimento emergente degli American Flat Earthers, si sentì stupito e affascinato. Presto si rese conto che la Terra non poteva essere un globo. Nonostante il fatto che gli argomenti venuti alla ribalta fossero e siano ancora incompleti e contengano molti errori, il concetto generale di una terra piatta sembra assolutamente degno di indagine.
Tra le sue migliori scoperte c’è la reintroduzione dell’etere nella fisica della terra piatta e una nuova visione della natura della luce.
E’ coautore del libro “The real measures of the (flat) Earth” edito da Aracne editore e del blog “rifugiatidipella.com“. Dal 2019 produce materiale video inerente la Terra piatta sul suo canale Youtube “earthmeasured”.
...continua sulla fonte https://ift.tt/3fqxfrr che ringraziamo.
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