La Francia è da sempre considerata una delle capitali mondiali della moda, ma non solo per il suo stile e la sua eleganza. Il Paese transalpino è infatti all'avanguardia anche nella promozione di una moda più sostenibile e rispettosa dell'ambiente e dei diritti umani. Dopo aver approvato nel 2020 una legge che vieta la distruzione dei capi invenduti e che impone ai produttori di indicare l'origine e la composizione dei tessuti, la Francia sta ora lavorando a una nuova normativa che mira a contrastare il fenomeno della fast fashion, ovvero la produzione e il consumo di abbigliamento a basso costo e di scarsa qualità, che genera enormi quantità di rifiuti e inquinamento.
Secondo quanto riportato dal sito Pambianco News, il governo francese ha incaricato una commissione di esperti di studiare le possibili misure da adottare per regolamentare il settore della moda online, che rappresenta il 20% del mercato francese e che è dominato da grandi piattaforme come Amazon, Zalando e Asos, che offrono una vasta scelta di prodotti a prezzi molto competitivi, ma spesso a discapito della qualità e della sostenibilità. Tra le proposte in esame, ci sono l'introduzione di una tassa sulle emissioni di CO2 generate dalle spedizioni, l'obbligo di fornire informazioni dettagliate sui criteri ambientali e sociali dei prodotti venduti, la creazione di un marchio di qualità per i siti che rispettano determinati standard, e la possibilità di applicare il principio del "doppio prezzo", che consiste nel mostrare al consumatore il costo reale del prodotto, comprensivo degli impatti ambientali e sociali, oltre al prezzo di vendita.
L'obiettivo di queste misure è di sensibilizzare i consumatori e di incentivare una moda più responsabile e duratura, che non segua ciecamente le tendenze effimere, ma che valorizzi la creatività, la qualità e l'etica. In questo senso, la Francia si pone come un modello da seguire anche per gli altri Paesi, tra cui l'Italia, che pur essendo una delle patrie della moda, è ancora indietro rispetto alla sfida della sostenibilità. Se da un lato, infatti, ci sono molti brand italiani che si impegnano a offrire una moda green, basata su tessuti riciclati, packaging eco-friendly e produzioni limitate e controllate, come [Casasola](^2^), [Artknit Studios](^2^) o [LATTE The Label](^2^), dall'altro lato, c'è ancora una forte domanda di moda fast, sia nei negozi fisici che online, che alimenta un sistema di sfruttamento e di inquinamento. Speriamo quindi che anche l'Italia, prima o poi, segua l'esempio della Francia e faccia la sua parte per rendere la moda più green, non tanto per fare la guerra ai negozi online, che anzi ben vengano se offrono prodotti di qualità e di valore, ma per fare la guerra a tutto quello che non è green.
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